5 libri scritti da donne

Anche se, siamo tutti d’accordo, non esistono “generi” nella letteratura, quello delle “donne autrici” è un tema a cui mi trovo spesso a riflettere ultimamente. Anche per questo mi fa piacere soffermarmi e soffermarci sull’argomento, con questo nuovo appuntamento con la rubrica 5 cose che, ecco quindi 5 libri scritti da donne.

Leggere Lolita a Teheran di Azar Nafisi

Non perdo occasione per consigliarlo, ecco perché, in una lista con libri scritti da donne, non può mancare un libro come quello della Nafisi. È impossibile non essere travolti dal coraggio della Nafisi, professoressa e, prima di tutto, donna che, grazie allo sconfinato amore per i libri, la letteratura ma, soprattutto, per la libertà ha saputo portare avanti la propria personale rivoluzione davanti al regime della Repubblica islamica dell’Iran.

La campana di vetro di Sylvia Plath

Un’altra autrice e un altro romanzo che, per me, non possono mancare tra i libri scritti da donne da menzionare. Prima di leggere questo romanzo, conoscevo Sylvia Plath a malapena, avevo giusto sentito nominarla…ahimè! Leggere La campana di vetro si è rivelata una vera e propria scoperta. Nel romanzo, infatti, le vicende della protagonista ripercorrono infatti quelle personali dell’autrice. Lo spettro della depressione, i dubbi, le inquietudini, si fanno largo pagina dopo pagina.

Il mio funerale e altre cose poco importanti di Ottavia Spaggiari

Di ben altro genere e meno conosciuto, Il mio funerale e altre cose poco importanti ma lo consiglio con altrettanto entusiasmo!
Ammettiamolo, tutti, almeno una volta nella vita immaginiamo di partecipare al nostro funerale! Giacomo Necchi, il protagonista del romanzo, ha questa fortuna! Sempre se di fortuna, in questi casi, si possa parlare.

Giacomo viene a mancare all’improvviso ma la sua permanenza sulla Terra non si conclude con la sua morte. Gli viene concessa la possibilità di osservare i suoi cari, nei giorni successivi. Giacomo non solo è la voce narrante ma è anche il punto cardine attorno a cui ruotano vicende e personaggi. Nelle 456 pagine, che scorrono via in un coinvolgimento sempre maggiore, Giacomo ci presenta i vari personaggi: accenni alla storia di ognuno che contribuiscono a disegnare la rete di relazioni nella sua famiglia.

Sua moglie Grace, talmente composta da non riuscire a piangere per la sua morte, il figlio Nathan estremamente diligente, Maya la sorella, con una personalità sopra le righe, i nipoti Agatha e Jamie e tanti altri.
Parlandoci dei personaggi, scopriamo come tutti abbiano un segreto da nascondere. In primis il protagonista che, solo una volta chiusa la porta del suo piccolo studio, riusciva a realizzare, in parte, il sogno di essere uno scrittore.

Nonostante la cupezza e la tristezza che associamo al tema della “morte”, nel romanzo ci sono tutti gli elementi che possiamo ricondurre alla “commedia americana” ma i momenti esilaranti si alternano a quelli più riflessivi. Ogni capitolo è dedicato a un personaggio diverso, siamo così costantemente incuriositi e, una volta entrati a far parte della famiglia Nasti, difficilmente avremo voglia di uscirne.

L’oscura allegrezza di Manuela Diliberto

Quando si parla di schiavitù della donna e ci si propone di sovvertire le regole che stanno alla base della propria educazione, quando si attaccano i presupposti stessi dell’ambiente in cui si vive, e si mostrano nel concreto i limiti del ruolo imposto alla donna nella società attuale, si diventa immediatamente impopolari. Persino presso i propri genitori…Difficile da mandare giù. Per chiunque. Guardatevi attorno. Pensate ai socialisti che conoscete. Sono davvero pronti a fare i socialisti fino in fondo, e a rimettere in causa il ruolo della propria moglie in seno alla famiglia? O, peggio, a stravolgere l’educazione imposta alle proprie figlie?

Le parole di Bianca sono chiare e decise e rispecchiano in pieno la sua personalità da comunista militante che ha preso in mano la sua vita seguendo, nonostante tutto e tutti, i suoi principi e i suoi valori. Ad ascoltarle è Giorgio, giornalista, che rimane ammaliato non tanto dalle parole ma dal vigore con cui la ragazza le pronuncia. Quel vigore che a lui manca. Giorgio è borghese, attaccato alla madre e nasconde dietro alla facciata del socialismo la rassegnazione a far scorrere la propria esistenza senza particolari prese di posizione.

È nella Roma del 1911, poco prima della Prima Guerra Mondiale che Giorgio e Bianca sono destinati a scontrarsi e incontrarsi, in un romanzo che riesce a ricreare l’ambientazione del periodo. Le questioni sociali, le diverse ideologie che guidavano la popolazione, l’entrata in guerra in Libia fanno da sfondo a questa storia. Bianca potrebbe essere la donna in grado di riuscire, finalmente, a cambiare la vita di Giorgio ma tutto è rimesso alle sue scelte, al suo coraggio. Ma non è sempre detto che quel coraggio arrivi nel momento giusto..

La sartoria di via Chiatamone di Marinella Savino

Carolina è la protagonista del romanzo. Leggere questo libro è come aprire una finestra sulla Napoli della seconda guerra mondiale. Il 5 maggio del 1938, Carolina vede sfilare il Führer ed intuisce subito quello che sta per accadere nella sua città e in Italia. Da quel momento in lei c’è un solo ed unico pensiero: mettere in salvo la sua famiglia e la sua attività. Carolina ha infatti una sartoria che le permette di avere una certa indipendenza, non solo economica. Non è certo una donna che rimane indifferente ma non tanto per il suo aspetto fisico, quanto per la sua personalità. Dietro ai capelli biondi e agli occhi azzurri si nascondono tenacia, forza che, in più di qualche occasione si trasformano in irriverenza.


Quello che più colpisce nella scrittura della Savino, nel suo esordio letterario, è la capacità di riuscire a comunicare in poche parole le emozioni e le sensazioni dei personaggi. Sono sufficienti 170 pagine per entrare in comunione con la famiglia di Carolina. Fin dall’inizio riusciamo ad essere coinvolti nelle loro vicende, dall’entrata in guerra, i bombardamenti, le invasioni fascista e poi nazista, l’arrivo degli alleati. E, sebbene Carolina, possa considerarsi più fortunata di tanti altri suoi concittadini, le tragedie e le disgrazie non la lasceranno indifferente.


Una parte fondamentale la assume il dialetto che caratterizza i dialoghi all’interno del libro. Se da una parte sottolineano la spontaneità, la quotidianità e la naturalezza delle parole utilizzate, dall’altra rappresentano un limite per chi, come me, non riesce a comprendere a pieno il dialetto, anche se in linea generale, non sono del tutto incomprensibili. La parola centrale è “famiglia” che comprende legami di sangue e non. E nel finale si riesce a comprendere quanto Carolina somigli alla sua città, Napoli si dimostra essere forte in grado di resistere.

Avete già letto qualcuno di questi libri? Quali sono i libri scritti da donne da consigliare?

Gioia

Ogni settimana proporremo una lista di 5 “cose”: 5 libri, 5 film, serie tv, personaggi, attori ecc ecc. A proporlo non saremo soltanto noi perché invitiamo anche voi a prendere parte attiva nella rubrica, iscrivendovi al gruppo facebook “Blogger: 5 cose che…” Per altre informazioni vi rimandiamo al post di presentazione che potete trovare QUI

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