Editore: Rogas Edizioni
Collana: Bandini
Pagine: 329
Genere: Narrativa
Palmiro Togliatti santo. Agli anticomunisti, un’affermazione del genere farebbe accapponare la pelle. Eppure, non è poi così falsa. Il miracolo del comunista santo di Alessandro Gatto, parte infatti da un evento reale: l’attentato a Palmiro Togliatti avvenuto il 14 luglio 1948.
Non solo, l’idea alla base del romanzo, come spiegato dall’autore nell’introduzione, deriva da un articolo del 2005 su La Repubblica. Due giovani chirurghi, decidono di salvare un pezzo di costola di Togliatti, resecata durante l’operazione a cui viene sottoposto. Luigi Tonelli, uno dei due, viene nominato professore a Perugia e porta con sé la costola. Avendo fatto amicizia con il vice cappellano dell’ospedale, gli chiede di conservarla insieme alle reliquie dei santi. In questo modo sarebbe stata al sicuro.
In Il miracolo del comunista santo, Giuseppe Passerini è un infermiere del Policlinico Umberto I di Roma. Da ragazzo si trasferisce da Livorno a Roma con la sua famiglia. Fervente membro attivo del Partito Comunista, ha come suo unico credo, le parole e i discorsi di Palmiro Togliatti. Di ben altra fede invece, Gina, suocera di Giuseppe. Fede ben dimostrata dal nome scelto per sua figlia: Gesuina. La quale, nonostante la politica, decide di sposare Giuseppe. Entrambi originari di Livorno ma incontrati a Roma.
Per questo, quando il 14 Luglio 1948 è chiamato d’urgenza alla fine del turno per assistere all’operazione di Togliatti, dopo l’attentato, viene colto dall’ansia. Ed è per istinto che, durante l’operazione, decide di salvare il pezzetto di costola dal contenitore dei rifiuti. Solo una volta a casa si rende conto di non avere un luogo adatto per conservarlo.
L’occasione giusta arriva durante una visita ai genitori di Gesuina. Don Elio, parroco del posto, famoso per la sua collezione di reliquie, inconsapevolmente, diventa custode della costola di Togliatti. È a questo punto che la situazione tracolla, in un susseguirsi di equivoci e segreti da tenere nascosti.

La storia narrata da Alessandro Gatto richiama le commedie popolari. L’Italia degli anni ’50 è lo sfondo delle vicende che prendono vita all’interno del romanzo. Ed è lo sfondo ideale che vede muovere personaggi caratteristici e situazioni bizzarre che possono risultare lontane nel tempo. Ma non così tanto, soprattutto per chi vive nei piccoli borghi, in cui tutti conoscono tutti e in cui prevalgono ancora mentalità e comportamenti legate alle tradizioni, sopratto quelle che si riferiscono all’ambiente religioso.
L’essere verosimile del racconto non è tanto dato dal fatto che prenda spunto da un evento, seppur strambo, reale. Quanto dai protagonisti che, in un’ambientazione di questo tipo, richiamano le caratteristiche di personaggi veri: la perpetua abituata ai pettegolezzi, il parroco che diventa il centro della comunità, le fedeli…molto fedeli, al punto di risultare bigotte e, come per contrasto, il fervente comunista anticlericale. Personaggi con caratteristiche definite che li rendono particolari ma che non vengono estremizzate, rendendoli punto di forza del libro.
Al centro della narrazione c’è l’incontro/scontro tra fede religiosa e politica che ricorda i celebri scontri tra Don Camillo e Peppone di Gioacchino Guareschi. In questo caso, Giuseppe ha modo di confrontarsi direttamente non tanto con la fede, quanto con tutti i meccanismi che ci sono a livello ecclesiale. Il piano della narrazione, con il proseguire della storia, si sposta infatti su un altro piano. Seguiamo infatti tutte le vicende che vedono coinvolto Don Elio nel percorso di riconoscimento della reliquia. Mettendo in luce, così, tutte le contraddizioni e incoerenze, possibili anche in ambiente del genere.
Tra sotterfugi, possibili miracoli, situazioni che degenerano, santini lanciati per invocare gravidanze, Il miracolo del comunista santo risulta essere una piccola fotografia di un’Italia lontana, ma non troppo e una lettura che non manca di regalare sorrisi.
Grazie alla casa editrice per aver avuto l’opportunità di leggerlo.
Gioia