Le beatrici di Stefano Benni

Editore: Feltrinelli
Pagine: 89
Prezzo di copertina: 8,00€
Recensione
Sono felice di aver trovato l’occasione giusta per parlarvi de “Le Beatrici” di Stefano Benni.  Si dà sempre spazio alle nuove letture lasciando un po’ indietro quelle che abbiamo fatto magari prima dell’apertura del blog. Le Beatrici è stata per me infatti una rilettura. Partecipo infatti alla reading challenge “Made in Italy”, organizzata da Valentina del blog Universi Incantati e per il mese scorso era prevista la rilettura di un libro di un autore italiano. Bingo! Occasione presa al volo!
In più questo libro coniuga anche il mio intento di voler dare un maggiore spazio ai testi teatrali.
Si tratta infatti di una raccolta di 8 monologhi teatrali nati da un laboratorio teatrale in collaborazione con la compagnia teatrale diretta da Giorgio Gallione. 8 voci femminili si susseguono tra ironia, cinismo, umorismo ma anche spunti di riflessione, malinconia, ricordi del passato e ragionamenti sulla propria natura. Viene presa di mira la società contemporanea e le critiche che Benni muove risultano ancora più incisive utilizzando figure femminili.
La Beatrice del primo monolo è la Portinari. Una “Bice” come non l’abbiamo mai vista, lontana dalla donna angelo che ci hanno fatto studiare a scuola, forse più realistica, sicuramente più irriverente, brillante, senza peli sulla lingua che chiama l’Alighieri “Canappione” e che alle sue poesie preferirebbe andare un po’ più al soldo.

Ne La mocciosa, com’è intuibile dal testo, la voce narrante è proprio quella di una ragazzina. Ma al di là dell’aspetto comico e buffo tutto quello che rimane è un vuoto, il vuoto dei suoi sentimenti davanti ad un evento tragico. La situazione è portata all’estremo a partire dal linguaggio, ma la superficialità con cui al giorno d’oggi si affrontano alcune situazioni, quella è più che reale.
Nel monologo de La presidentessa, invece, c’è una critica nemmeno poi molto velata, al mondo della televisione ma anche e soprattutto al mondo del lavoro. La protagonista gestisce gli operai di alcune aziende e non si fa alcun tipo ti scrupolo nei loro confronti. Il tutto viene trattato sempre con molta leggerezza, soprattutto dalla “presidentessa” che parla di morti sul lavoro come se fosse la normalità, tra una pentola ed una mescolata.
Il discorso di Suor Filomena non è certo il classico monologo che ci si aspetta da una suora. L’abito non fa…la suora, questo è proprio il caso di dirlo. Tra una rima e l’altra si presenta come una suora diventata tale non per vocazione ma perché la sorte, tra sette sorelle, ha puntato verso di lei. La madre badessa dice che dentro ha un “diavolo utilizzatore” che la fa parlare in questo modo ed in effetti la sensazione è proprio quella che abbia un istinto che non è in grado di controllare.
I toni in Attesa, si fanno più malinconici. La voce del monologo è in realtà la voce di molti ed il tema centrale è proprio l’aspettare qualcuno: le sensazioni di angoscia, di paura soprattutto delle donne, delle mamme.

L’attesa di un segno dentro di me, di qualcosa che stava per nascere. E poi aspettarlo fuori da scuola, riconoscere il suo viso fra tanti. Aspettare che il calore della febbre lasciasse la sua fronte. Aspettarlo di notte quando faceva tardi, vederlo arrivare stravolto, arrabbiato confuso. Aspettare fuori dalla sua camera un segno di quiete.

Vecchiaccia è una donna anziana, sulla sedia a rotelle, ricorda il passato ma il suo racconti si confonde con i sogni che talvolta sono gli incubi che ha vissuto. Le sue parole sono senza filtri, diretti, a volte anche troppo. Si sofferma sull’assurdità della vita ripensando alle persone che ha visto andare troppo presto confrontandola con la sua situazione attuale, con la sua non esistenza.
E sono sempre le persone anziane ad essere al centro del penultimo monologo, sicuramente quello più toccante. Volano può essere considerato un racconto breve. La voce narrante ci descrive una situazione al limite del surreale, in cui tema principale è la solitudine dei tanti anziani che vengono lasciati soli, magari davanti alla televisione e solo l’innocenza dei bambini può rendersi conto che così facendo è solo un tappare le ali a chi potrebbe ancora volare lontano.
Infine Mademoiselle Lycanthope in cui una donna-lupo si descrive nella brutalità di tutta la sua umanità o nell’umanità della sua brutalità? A volte fare i conti con la propria natura non è sempre facile.
Non finisce qui perché all’interno del libro, tra un monologo e l’altro sono raccolte anche alcune poesie e ballate scritte da Benni in diversi anni in cui i temi sono vari si va dall’amore, ai personaggi e alle situazioni più disparati, sempre con l’ironia che contraddistingue l’autore.
La vera chicca è l’ultimo componimento “Quello che non voglio”, una canzone scritta per Fabrizio De André ma, come scrive l’autore stesso nella sua nota finale “Fabrizio ha deciso di suonare altrove”.
In 89 pagine Benni mette in scena una moltitudine di personaggi e di situazioni. Il libro è per questo molto ricco di tematiche, di riflessioni e anche di sorrisi. E’ impossibile non visualizzare i protagonisti prendere vita su di un palco, immaginare le loro espressioni, i momenti di pausa ed i loro movimenti.
Descrivere 8 personalità femminili diverse da parte di un uomo non è sicuramente compito facile ed il risultato sono 8 donne che prendono molto dall’universo maschile, rendendoli così universali.
I lettori di Benni si dividono tra quelli che lo ritengono valido e quelli che, avendo letto altre opere, si sarebbero aspettati di più. Io credo che sia un ottimo punto di partenza, un modo diverso dal solito per entrare in contatto con un autore o scoprirlo di nuovo.