Lettera a un bambino mai nato
di Oriana Fallaci
Editore: Rizzoli
Anno di pubblicazione: 1975
Pagine: 104
Sinossi.
Questo libro diverso da ogni altro nella forma e nella sostanza sarà una grossa sorpresa per i lettori di Oriana Fallaci, cioè della Fallaci che racconta la guerra in Niente e così sia o attacca il potere in Intervista con la Storia. Stavolta infatti la Fallaci affronta, in chiave squisitamente letteraria, un dilemma antico quanto il mondo: nascere o non nascere, dare la vita o negarla, e la donna sempre vittima di quel dilemma. Lettera a un bambino mai nato è il tragico monologo di una donna che aspetta un figlio guardando alla maternità non come a un dovere ma come a una scelta personale e responsabile. Una donna di cui non si conosce né il nome né il volto né l’età né l’indirizzo: l’unico riferimento che ci viene dato per immaginarla è che vive nel nostro tempo, sola, indipendente, e lavora.
Il monologo comincia nell’attimo in cui essa avverte d’essere incinta e si pone l’interrogativo angoscioso: basta volere un figlio per costringere alla vita quel figlio? Piacerà nascere a lui? Nel tentativo paradossale di avere una risposta la donna spiega al bambino quali sono le realtà da subire entrando in un mondo dove la sopravvivenza è violenza, la libertà è un sogno, la giustizia un imbroglio, il domani uno ieri, l’amore una parola dal significato non chiaro. Però mentre il discorso procede, razionale e insieme appassionato, un secondo problema emerge: il rapporto tra se stessa e il figlio. Una seconda domanda esplode: è giusto sacrificare una vita già fatta a una vita che ancora non è? E il monologo diventa quasi una confessione alla propria coscienza, mentre il dramma matura nutrito dagli altri personaggi. Sette personaggi anch’essi senza nome né volto né età né indirizzo: il padre del bambino, l’amica femminista, il datore di lavoro, il medico ottuso, la dottoressa moderna, i vecchi genitori. Tutti testimoni ignari di quel rapporto impossibile, basato su un’altalena di amore e di odio, di tenerezze e di risse, infine esasperato dalla rivolta di una creatura intelligente che accetta la maternità ma da quella si sente derubata.
Buongiorno lettori, dopo un po’ di tempo torna un nuovo appuntamento con “Piccole dosi”.
Un libro che ho letto di recente è “Lettera a un bambino mai nato”, sicuramente forte e questo è anche dato dalla penna inconfondibile della Fallaci. Di seguito, alcune delle citazioni che più mi hanno colpito durante la lettura…
Citazioni
Ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo. Cerca di capire: non è paura degli altri. Io non mi curo degli altri. Non è paura di Dio. Io non credo in Dio. Non è paura del dolore. Io non temo il dolore. E’ paura di te, del caso che ti ha strappato al nulla, per agganciarti al mio ventre.
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Lo so: il nostro è un mondo fabbricato dagli uomini per gli uomini, la loro dittatura è così antica che si estende perfino al linguaggio. Si dice uomo per dire uomo e donna, si dice bambino per dire bambino e bambina, si dice figlio per dire figlio e figlia, si dice omicidio per indicar l’assassinio di un uomo e di una donna. Nelle leggende che i maschi hanno inventato per spiegare la vita, la prima creatura non è una donna: è un uomo chiamato Abramo. Eva arriva dopo, per divertirlo e combinare guai. Nei dipinti che adornano le loro chiese. Dio è un vecchio con la barba bianca mai una vecchia coi capelli bianchi. E tutti i loro eroi sono maschi: da quel Prometeo che scoprì il fuoco a quell’Icaro che tentò di volare, fino a quel Gesù che dichiarano figlio del Padre e dello Spirito Santo: quasi che la donna da cui fu partorito fosse un’incubatrice o una balia. Eppure, o proprio per questo, essere donna è così affascinate. E’ un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai.
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Ma se nascerai uomo io sarò contenta lo stesso. E forse di più perché ti saranno risparmiate tante umiliazioni, tante servitù, tanti abusi. Se nascerai uomo, ad esempio, non dovrai temere d’essere violentato nel buio di una strada. Non dovrai servirti di un bel viso per essere accettato al primo sguardo, di un bel corpo per nascondere la tua intelligenza. Non subirai giudizi malvagi quando dormirai con chi ti piace, non ti sentirai dire che il peccato nacque il giorno in cui cogliesti una mela. Faticherai molto meno.
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Forse dovrei tacerti per ora le brutture e le malinconie, forse dovrei raccontarti un mondo di innocenze e gaiezze. Ma sarebbe come attirarti in un inganno, bambino. Sarebbe come indurti a credere che la vita è un tappeto morbido sul quale si può camminare scalzi e non una strada di sassi. Sassi contro cui si inciampa, si cade, ci si ferisce.
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Solo chi ha pianto molto può apprezzare la vita nelle sue bellezze, e ridere bene. Piangere è facile, ridere è difficile.
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E’ solo rispettando se stessi che si può esigere il rispetto degli altri, è solo credendo in se stessi che si può essere creduti dagli altri.
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[…] nascere per essere felici, liberi, buoni, per battersi in nome della felicità, della libertà, della bontà, nascere per tentare, sapere, scoprire, inventare.
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Una volta lessi in un libro che la durezza di una pena sopportata si avverte soltanto quando ce ne siamo liberati e, stupefatti, si esclama: come ho fatto a tollerare un simile inferno? Dev’essere davvero così,e la vita è straordinaria: rimargina le ferite a una velocità folle. Se non restassero le cicatrici, non ci ricorderemmo nemmeno che di lì sgorgò il sangue. Del resto anche le cicatrici svaniscono. Impallidiscono e infine svaniscono. Succederà anche a me.
E voi, lo avete letto??
Buona lettura!