Editore: Mondadori
Data di pubblicazione: 12 maggio 2015
Pagine: 109
Ebook: 5,99€
Prezzo di copertina: 10,20€
Recensione.
La storia è raccontata da più punti di vista: Mila è la protagonista, ma intorno a lei ruotano le storie di Paolo, suo marito, e Maddi, la sua primogenita.
Mila è una donna inquieta e tormentata, che a quarant’anni tenta di riprendere in mano la propria vita e riscoprire la propria felicità.
Mila è una donna comune, una donna del XXI secolo, in cui molte lettrici potranno identificarsi. E’ una donna insoddisfatta della propria vita e proprio nel momento più delicato, dopo aver ceduto ad un impulso segreto, farà l’incontro di Annamaria, una donna devota ed emblematica, che aiuterà Mila nel riavvicinamento con Santa Rita, la santa degli impossibili.
Trovo il personaggio di Mila davvero affascinante: è una donna che all’apparenza cerca di esaudire le aspettative che il mondo ha verso di lei che la vuole moglie e madre, ma che nonostante tutto dentro di lei crede di meritare qualcosa in più.
“Le cose sono andate in un altro modo. Sono venuta a vivere in una grande città, ho sposato un uomo che ha la capacità di ferirmi, ho smesso di pregare; ma non ho dimenticato la luce.”
Anche il tema della preghiera e della fede trova particolare spazio nel romanzo, come si può intuire dal titolo. Con il passare degli anni Mila si è allontanata dalla Chiesa e dalla preghiera, ma non lo ha mai dimenticato. E sarà proprio Annamaria a riportarla ad un congiungimento con la fede.
“Annamaria va a messa tutte le mattine nella cappelletta dell’ospedale, che è sempre piena di fiori perché le malate ci mettono quelli dei visitatori, che in camera la notte puzzano. E’ una cappella bruttissima, una stanzetta con una Madonna di gesso e cinque file di sedie di plastica. Una mattina sono andata con lei, l’ho guardata fare la comunione insieme a due ricoverate filippine. C’era un prete giovane che ha celebrato una messa sbrigativa, ma era tanto che non andavo in chiesa e mi è piaciuto ricordarmi le preghiere e soprattutto scambiarmi il segno di pace con le altre pazienti.”
Quello che però mi ha lasciato un po’ perplessa è la lunghezza del romanzo. Ho sempre creduto che la bellezza di un romanzo non dipenda dal numero di pagine di cui è composto. Più che un romanzo, Santa degli impossibili si può definire un racconto breve, mi dà quasi l’impressione di essere una bozza per un successivo romanzo.
I personaggi sono ben descritti, soprattutto per quanto riguarda il lato emotivo, ma, viste le poche pagine a disposizione, non trovano un completo sviluppo.
E così è anche per la storia. Ho iniziato a leggerlo con grandi aspettative e, dopo neanche due ore, sono arrivata alle ultime pagine senza quasi neanche accorgermene.
La scrittura è fluida, lineare, scorrevole…fin troppo!
Lo consiglio? Ni! Non è certamente il mio romanzo preferito della Bignardi ma è sicuramente un romanzo che può trasmettere emozioni positive.