Un viaggio chiamato vita di Banana Yoshimoto

 
 
 
Titolo originale: Jinsei no tabi wo yuku
Traduzione di Gala Maria Follaco
Feltrinelli, 2006, Pagg. 187
cartaceo 7.00€
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La vita è un viaggio, e come tutti i viaggi si compone di ricordi. In questo libro, Banana Yoshimoto raccoglie preziosi frammenti di memoria e ci porta con sé, lontano nel tempo e nel mondo. Dalle emozioni del primo amore alla scoperta della maternità, dalle piramidi egiziane alla Tokyo degli anni settanta. Con la consueta leggerezza della sua scrittura, ricostruisce le emozioni dell’esistenza a partire da un profumo, da un sapore, da un effetto di luce o dal rumore della pioggia e del vento. E così che una pianta di rosmarino ci trasporta da un minuscolo appartamento di Tokyo al tramonto luccicante della Sicilia, e che un contenitore pieno di alghe diventa l’occasione per esplorare il dolore della perdita. I pensieri in libertà di Banana Yoshimoto ci accompagnano fino al centro del suo mondo letterario e lungo il nostro personale “viaggio della vita”, fatto di promesse e di incontri, di stupore e di meraviglia, di malinconia e di sofferenza. Dalle pagine di questo libro, l’autrice ci invita a riappropriarci del nostro tempo e a non perdere mai la fiducia negli altri esseri umani, perché quello che rimane, al termine del più difficile dei viaggi, è il riflesso nella nostra memoria di ogni singolo giorno vissuto.
 
 
 

Recensione

 
 
Un viaggio chiamato vita è una raccolta di pensieri e di ricordi.
Essendo il primo libro della scrittrice giapponese che leggo, non so se sia una peculiarità del suo stile di scrittura. Nel libro ogni capitolo può essere considerato un piccolo racconto a sé. Tutti sono collegati dallo stesso filo conduttore: la vita.
Non essendo disposti in ordine cronologico, i vari racconti/ricordi possono creare confusione all’inizio della lettura.
 
Un viaggio chiamato vita
 
L’opera è divisa in tre grandi parti.
Nella prima si possono trovare i ricordi legati ai viaggi che ha compiuto l’autrice, nella seconda i pensieri che riguardano la natura e gli animali e nell’ultima i pensieri legati alle persone incontrate durante la sua vita o che fanno parte della sua famiglia.
 
In Un viaggio chiamato vita, vengono affrontati le più grandi questioni che riguardano ognuno di noi. La vita, la morte, il dolore, la malattia, il viaggio, l’amore per gli animali, la bellezza, la natura. Ed ogni volta l’autrice collega il tema ad una sua esperienza personale.
Sebbene io non ami particolarmente i libri di racconti, non ho trovato affatto noioso il libro.
 
La parte più curiosa ed interessante è stata vedere in che modo viene vista e quindi descritta l’Italia, attraverso gli occhi di un’orientale. Sono diversi infatti i frammenti che si possono trovare nel libro, che riguardano i viaggi della Yoshimoto nel nostro Paese, siano essi stati per lavoro o per pure divertimento.

“Anche l’Italia. Dicono che la gente sembra sempre allegra, che la cucina è deliziosa, che se ci si stanca si dorme al pomeriggio e poi si va avanti a divertirsi fino alla sera tardi, che uomini e donne si innamorano quando vogliono, in piena libertà, che nelle chiese ci sono opere d’arte tanto belle da mozzare il fiato, che le piazze sono stupende e pine di sculture tanto famose da chiedersi se sia normale che siano posate lì, e che le città da Nord a Sud sono tutte bellissime, e ancora, dicono che il Nord e il Sud sono come due nazioni differenti. Ed è davvero così.”

Le continue differenze tra il Giappone e l’Italia, fanno sembrare che la Yoshimoto abbia per il nostro Paese una preferenza. Nei vari pensieri che troviamo nel libro si evince una considerazione non del tutto positiva per il suo Paese d’origine. Il Giappone appare come un paese meno accogliente rispetto all’Italia e i giapponesi vengono descritti come persone fredde, che rimangono distaccate, sono per la maggior parte del tempo dedite al lavoro e il loro unico scopo è quello di produrre. Hanno una mentalità che rischia di perdere le sensazioni e le emozioni che suscitano le piccole cose della vita di tutti i giorni. E sono proprio le cose che ci accadono o che vediamo quotidianamente a scaturire in noi i ricordi dei nostri viaggi, delle persone che abbiamo conosciuto, delle piccole gentilezze e i sorrisi che abbiamo ricevuto.
Ed è proprio più piccole e, se vogliamo, banali cose che la Yoshimoto costruisce i suoi ricordi, un sapore, un profumo, una tazzina di tè possono far tornare in mente le più strane emozioni. Così succede, ad esempio, che guardando una semplice pianta di rosmarino, veniamo trasportati in Sicilia.
La narrazione di sé dell’autrice diventa ancora più personale quando, in più punti, affronta il tema della gravidanza. Racconta di come sia diventata più sensibile dalla nascita del figlio, fin dal suo concepimento.
La parte che mi ha sicuramente colpito di più di tutto il libro è la descrizione dell’attimo in cui si accorge di essere incinta. Senza nessun test o esame, prova una sensazione che sembra parlargli da sola. E anche la natura sembra essersene accorta, il suo cane alza la testa e la fissa, come se sapesse che sta accadendo qualcosa di strano e addirittura il cactus che non fiorisce mai, proprio in quei momenti è più rigoglioso. Quasi come se tutto l’universo sia pronto ad accogliere una nuova vita.
 
In “Un viaggio chiamato vita” non c’è una vera e propria trama, non ci sono colpi di scena, non c’è un inizio né una fine. Potrebbe risultare a tratti poco coinvolgente o scontato, io l’ho percepito come una lunga chiacchierata con un’amica che racconta tutti i momenti più preziosi dei suoi viaggi in giro per il mondo, ognuno dei quali ha arricchito il suo bagaglio personale e ha contribuito a plasmare il viaggio più importante, quello della vita.
 
 
 Un piccolo libro (l’ho inserito infatti tra i 5 libri con meno di 200 pagine che consiglio)  per tutti gli amanti del Giappone. Sono molti infatti i riferimenti alla cultura giapponese, alle tradizioni e agli usi del Paese del Sol Levante.
 
 
 
Lo stile della Yoshimoto mi ha incuriosita parecchio, vorrei leggere qualche altra sua opera, quale mi consigliereste per continuare a scoprire quest’autrice?
 
 

Gioia

 

 

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