Le stanze dell’addio di Yari Selvetella | Nel nome della Strega 2

Buongiorno lettori e buon lunedì!
Parte oggi la seconda edizione di Nel nome della strega organizzato da Annamaria de La Contessa Rampante. Abbiamo già partecipato a questa iniziativa lo scorso anno, per questo non possiamo che ringraziarla per averci permesso di partecipare anche quest’anno e siamo felici di dare il via noi a questa edizione. Ma in cosa consiste?
Nel nome della Strega, come è facilmente intuibile, richiama il Premio Strega e coinvolge 12 tra bookblogger e bookstagrammer, ognuno dei quali, secondo un calendario che potete trovare alla fine di questo post, presenterà e recensirà uno dei 12 lirbi che si contenderanno i 5 posti da finalisti del premio. Ma, da quest’anno tutti possono partecipare!

Qualunque utente Instagram potrà postare la foto di uno dei vincitori del premio Strega del passato, inserendo l’hashtag #nelnomedellastrega e taggando la contessa rampante. I post potranno essere condivisi a partire da lunedì 14 maggio fino all’8 giugno, data dell’ultima recensione. Il 9 giugno Annamaria annuncerà la foto che avrà ricevuto più mi piace, la quale sarà premiata con uno dei 12 libri finalisti dello Strega 2018 a sua scelta.
Le stanze dell’addio
di Yari Selvetella
 
Editore: Bompiani
Data di pubblicazione: 2 gennaio 2018
Pagine: 185
Prezzo: 15€
Ebook: 4.99€
Sinossi.
“Io ho ricominciato a lavorare. In altri luoghi scrivo, succhio gamberi, respiro foglie balsamiche, faccio l’amore, ma una parte di me è qui, sempre qui, impigliata a un fil di ferro o a una paura mai vinta, inchiodata per sempre: il puzzo di brodaglia del carrello del vitto, quello pungente dei disinfettanti, il bip del segnalatore del fine-flebo, la porta che si chiude alla mie spalle quando termina l’ora della visita.”
Così si sente chi di noi vive l’esperienza di una perdita incolmabile: impigliato, inchiodato.
Dalle pagine di questo libro affiora il volto vivissimo di una giovane donna, Giovanna De Angelis, madre di tre figli e di molti libri, editor di professione, che si ammala e muore.
Il suo compagno la cerca, con la speranza irragionevole degli innamorati, attraverso le stanze – dell’ospedale, della casa, dei ricordi – fino a perdersi. Solo un ragazzo non si sottrae alla fratellanza profonda cui ogni dolore ci chiama e come un Caronte buono gli tende la mano verso la vita che continua a scorrere, che ci chiama in avanti, pronta a rinascere sul ciglio dell’assenza.
Yari Selvetella dà voce a un addio che sembra continuamente sfuggire al tentativo di essere pronunciato, come Moby Dick nel fondo del mare, e scrive un kaddish laicissimo eppure pervaso dal mistero che ci unisce a coloro che abbiamo amato.
Attraverso il labirinto al neon degli ospedali, le stanze chiuse del lutto, il filo tracciato da una penna sul foglio bianco è ancora di salvezza, celebrazione commossa della forza vitale delle parole.
Recensione
E’ il dolore il vero protagonista di questo viaggio introspettivo attraverso la coscienza umana. Il dolore che paralizza, che strazia l’anima fino a ridurla in cenere, quel dolore che solo chi ha perso la persona amata conosce.
Le stanze dell’addio è un romanzo personale ma nel quale tutti possono trovare un pezzo di sé, una finestra sui sentimenti più angoscianti, quelli che rimangono impressi, marchiati sulla pelle, nella parte più intima e nascosta di noi stessi.
Il protagonista rivive la malattia della persona amata attraverso delle stanze, un cammino straziante, vissuto fase dopo fase, fino ad arrivare all’addio tanto temuto, quella parola che non si aveva nessuna intenzione di pronunciare.
Ogni ricordo è una ferita aperta, ogni memoria un supplizio, una condanna eterna tra dispiacere e senso di colpa.
Che amore inutile è l’amore che non protegge, l’amore che non cura e che non difende, l’amore che non può, un amore crudele sento di portarmi addosso come l’amore di dio.
 
Ogni stanza ha il proprio colore, ogni fase il suo odore, quello dei disinfettanti utilizzati nelle stanze più buie dell’ospedale, la luce accecante del neon, il sapore amaro del cibo che entra ed esce dal carrello del vitto, il rumore ricco di impazienza e d’odio delle porte che si chiudono alla fine dell’orario di ogni visita.
Per questo motivo la paura, questa paura, è tutto. La riconosco. Sono io stesso l’abisso, sono io che mi inghiotto, se non sto attento affondo in questo nero che per ora è il mio intero universo. Non è nulla che io mi sia mai raccontato, niente che abbia detto ad altri, niente che sapevo mi abitasse. La mia diagnosi sono io stesso che la formula mentre mi osservo e già non è più lo specchio, è la superficie oleosa sulla quale il mio riflesso si disperde, toccato da più punti luce in competizione. Devo resistere, vero?
 
E’ il nero il colore dominante, quello dell’oscurità, della paura, dell’abisso. Ma c’è sempre una sfumatura di bianco, una mano tesa, una speranza.
Attraverso una scrittura netta e capitoli brevi la narrazione scorre fluida fino alle struggenti parole finali.
Flashback si alternano ad immagini del presente cosicché il lettore si trova in balia dell’autore, tra le onde di un mare in tempesta.
Il racconto è un lungo flusso di coscienza, un monologo in cui tutto quello che conta è la consapevolezza della grande potenza della vita.
Debora
Basta leggere il titolo e la breve sinossi del libro, per comprendere che Le stanze dell’addio non sia un libro semplice. Affrontare il tema della morte non è semplice tanto per lo scrittore quanto per il lettore, diventa infatti inevitabile soffermarci e riflettere.
Più che di una “storia”, ne Le stanze dell’addio di Yari Selvetella, viene raccontato un viaggio, un vero e proprio percorso che il protagonista compie nella profondità del suo animo ed il lettore con lui.
Le stanze del titolo, rappresentano si le stanze dell’ospedale che, si trova a dover visitare periodicamente, insieme alla sua compagna, ma anche i luoghi che di volta in volta, il protagonista rivisita dentro di sé, cercando di fuggire da un intricato labirinto. Quello che si è costruito, attorno a sé, dopo la morte di lei.
In un turbinio di pensieri, in un continuo scambio tra presente e passato, tra fatti narrati e sensazioni provate, tra realtà e sogno, il protagonista ci coinvolge in quella che è e sarà la sua prova più grande. Il narratore è smarrito, perso e confuso, seppur annunciato viene colto dalla paura e dal timore di non riuscire a farcela da solo. Sembra infatti aver perso il suo equilibrio interiore. Ed è proprio questo equilibrio il punto centrale del libro. Le 3 parti che lo compongono rappresentano le 3 fasi più significative che il protagonista si trova ad affrontare. In questo caso, utilizzando ormai una frase fatta, non si può parlare delle fasi di una vera e propria “elaborazione del lutto”, visto che è estremamente difficile riuscire ad assimilare completamente un dolore simile.
Sebbene lo stile dell’autore si componga soprattutto di frasi e periodi brevi, non risulta essere tutto sommato così semplice ed immediato. Il dolore che proviamo è il nostro ed ognuno di noi affronta le prove della vita ed i momenti difficili che ci mette davanti, a modo suo. Sembra impossibile riuscire ad entrare in completa intimità con il personaggio principale della storia, questo perché il suo dolore riesce a comprenderlo solo e soltanto lui. Anche se, il romanzo riesce a fare un importante passo in più.
Il punto di vista cambia perché a cambiare sono le voci narranti. Nel corso della narrazione, infatti, intervengono altri personaggi seppur richiamando, in qualche modo, il protagonista.
Il libro è estremamente profondo e per una discesa così ripida, il linguaggio utilizzato dall’autore è poetico ed evocativo, riuscendo così a suscitare per buona parte del racconto, la sensazione che venga narrato un sogno. Il protagonista, infatti, nel narrare quello che ha vissuto, sembra allontanarsi dalla realtà, rifugiandosi in una sua dimensione di.
Le stanze dell’addio rappresentano così un vero e proprio invito a trovare quell’equilibrio di cui ho accennato poco prima. Rimanere fermi ed immobili quando tutto quello che abbiamo intorno a noi improvvisamente crolla, è normale e naturale, prendersi del tempo per apprendere proprie considerazioni, anche. Ciò che conta è riuscire a guardarci intorno, infatti, chiudendo il mondo esterno fuori, si rischia di rimanere in una situazione di stallo e confusa, guardando “l’altro” negli occhi potremo invece riconoscerci nel nostro vicino e trovare così una ragione in più per superare la difficile battaglia da affrontare.
Per questo mi avvicino alla porta poi a un’altra, a tutte una alla volta, ognuna ha una funzione, ognuna una memoria del nostro passaggio […]
Gioia
Calendario Nel Nome della Strega:
14 MAGGIO: TWINS BOOKS LOVERS con “Le stanze dell’addio” di Yari Selvetella.
16 MAGGIO: GIULSJUPS con “La ragazza con la leica” di Helena Janeczek.
18 MAGGIO: LA BIBLIOTECA DI STEFANIA con “Sangue giusto” di Francesca Melandri.
21 MAGGIO: MATTIA TORTELLI con “Da tuo terrazzo si vede casa mia” di Elvis Malaj.
23 MAGGIO: RECENSIONI LAMPO con “La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg” di Sandra Petrignani.
25 MAGGIO: RESPIRO DI LIBRI con “Anni luce” di Andrea Pomella.
28 MAGGIO: THE BOOK LAWYER con “Come un giovane uomo” di Carlo Carabba.
30 MAGGIO: ATTORCIGLIATA con “La madre di Eva” di Silvia Ferreri.
1 GIUGNO: GENTE DI TACCUINO con “Il figlio prediletto” di Angela Nanetti.
4 GIUGNO: L COME LIBRO con “Questa sera è già domani” di Lia Levi.
6 GIUGNO: LEGGO LIBRI con “Il gioco” di Carlo D’Amicis.
8 GIUGNO: LA CONTESSA RAMPANTE con “Resto qui” di Marco Balzano.

3 Risposte a “Le stanze dell’addio di Yari Selvetella | Nel nome della Strega 2”

  1. Ragazze con la vostra recensione siete state perfette come sempre. Questo è un romanzo che vorrei leggere perché so che mi strazierebbe e lo amerei proprio per questo. Questo, però, non è il suo momento, perché non sono dello stato d’animo adatto per affrontarlo, ma punto tutto sull’estate. Grazie ancora per essere state davvero tanto disponibile e di aver accettato anche quest’anno di partecipare a “Nel nome della strega”. Un bacione <3

  2. Questo romanzo mi aveva affascinata per la copertina (come spesso accade), ma ammetto che non mi ero fermata a leggere la trama. Deduco che sia una lettura che richiede attenzione, non può essere presa alla leggera!
    Grazie per la recensione 🙂

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