Diari di Sylvia Plath

Edizione: Adelphi
Traduzione: Simona Fefè

Il giornale di bordo di una sensibilità acutissima, lacerata e drammatica: quella di una scrittrice che, per i suoi versi e il suo tragico destino, è presto diventata, nei nostri anni, un magnete e un emblema – ovvero anche, come si dice con inconsapevole esattezza, un culto.

Recensione

Ho conosciuto Sylvia Plath lo scorso anno, leggendo La campana di vetro, suo unico romanzo. Lo stile della scrittrice e i forti elementi autobiografici, mi hanno spinto a volerne sapere di più.
Quale miglior forma dei diari personali per entrare in contatto con qualcuno?!
Come viene indicato all’inizio anche dalla curatrice dell’opera, Frances McCullough e dall’ex marito, Ted Hughes, è proprio nei suoi diari che riusciamo a comprendere il suo io interiore.
Se ci si avvicina, anche per la prima volta, alla Plath si è a conoscenza della sua tragica morte che contribuisce all’aurea di ammirazione e mistero che si ha attorno alla sua figura. La Plath muore suicida nel 1963. Ted Hughes sembrerebbe rivestire un ruolo importante in questa drammatica decisione della Plath. La distruzione proprio da parte di lui di alcune parti dei suoi diari, in particolare quelli più vicini alla sua morte, rendono misterioso e quasi assurdo il fatto che egli stesso abbia curato questa edizione. Si ha come l’impressione che manchi qualcosa, che non ci sia parte della verità.
Ma l’intento dei suoi Diari è ben altro.

Quotidianità

Quello che comprendiamo già dalle prime pagine è che Sylvia aveva con sé diverse maschere. Vivere in una società in cui non ci si sente di essere completamente liberi porta con sé l’idea di adattamento e quindi il nascondere la nostra vera natura. Questa vera natura riesce ad emergere nelle pagine che proprio la Plath ha scritto.
I suoi diari non sono quindi un mero racconto della sua quotidianità ma una vera e propria testimonianza. Il racconto di tutti i suoi tormenti, dubbi, le paure, le forti insicurezze e i malesseri che l’hanno accompagnata da sempre.
Ed è una testimonianza tutt’altro che semplice da leggere, sia dal punto di vista stilistico sia da quello del contenuto.
In questi scritti la Plath raccoglieva la quotidianità. Ma anche le sue passioni, le descrizioni delle persone con cui entrava in contatto. Era anche un modo per fissare i suoi pensieri in modo da poterli poi riutilizzare per le sue opere. La lettura non risulta quindi del tutto fluida perché siamo lontani dalla linearità, non c’è confine tra la pura e semplice narrazione dei fatti. Tra le considerazioni della scrittrice e le idee e gli appunti che riguardano le sue opere. Si ha quindi la sensazione di leggere qualcosa di caotico e di confusionario. È solo leggendo ed entrando in contatto con i suoi pensieri che, pagina dopo pagina, si riesce a non rimanere del tutto smarriti.

Intimità

Ma sono anche pagine estremamente intime e profonde, la Plath riesce a mettere nero su bianco le sue sensazioni a 360° (o quasi).
I diari coprono un periodo che va dal 1950 al 1962 e vengono suddivisi in tre parti. La prima riguardano gli anni giovanili, il periodo del college, le prime pubblicazioni, le passioni, i ragazzi, la sessualità. È sicuramente la parte più dinamica, in cui la Plath mostra il suo spirito più ribelle. Non ci sta ad accettare tutte quelle imposizioni della società sul ruolo della donna. Crede nella libertà di vivere le proprie passioni o i propri incontri, indipendentemente dall’essere uomo o donna.
Nella seconda parte un ruolo fondamentale è rivestito dall’amore. Prima con l’incontro con Richard Sassoon, verso cui ha una sorta di ossessione, poi con Ted Hughes che rimarrà il suo più grande amore.
Nell’ultima la Plath si fa ancora più riflessiva e malinconica e le sue riflessioni si concentrano quasi esclusivamente sulla scrittura e sulla maternità.
La Plath si mostra quindi in diverse sue sfaccettature ma, seppure il periodo preso in considerazione sia ampio, ci sono degli elementi che accompagnano costantemente la scrittrice. Uno fra tutti il malessere interiore dato dalla continua ricerca di se stessa e dalle sue più grandi paure.
Ad influire sul suo animo così tormentato c’è l’assenza di suo padre, morto quando Sylvia aveva solo 8 anni che riusciamo a percepire nella dipendenza che ha nei confronti dell’altro sesso, delle figure maschili, in particolare verso Ted.

Insoddisfazione

L’idea che si ha è quella che, nella vita della Plath mancasse sempre qualcosa. O c’era la soddisfazione nello studio prima e nella carriera poi ma non nella sfera sentimentale oppure nel momento in cui riusciva ad ottenere serenità nella sfera affettiva qualcosa dal punto di vista del suo lavoro o della scrittura andasse male. E tutte le sue pagine viaggiano su questo binario di non equilibrio, alti e bassi, alti e bassi che si susseguono durante tutta la sua vita.
Se in un giorno riusciamo ad intravedere la soddisfazione o la serenità nell’aver raggiunto un piccolo traguardo o aver vissuto una piacevole situazione, il giorno dopo quello stesso traguardo e quella stessa situazione rappresentano un motivo di inquietudine e turbamento,
La Plath che ci arriva quindi è di una donna talvolta incongruente ed incoerente nei suoi stessi pensieri, sono palesi infatti i cambiamenti dei suoi pensieri e delle sue idee, ad esempio, verso gli uomini o sulla maternità.
L’elemento del suicidio ricorre spesso nel libro, non nasconde neanche i riferimenti a Virginia Woolf con cui condivide la tragica morte. Il parlare del suo primo tentativo di togliere la vita appare quasi per caso tra le pagine.
La vita della Plath è caratterizzata dal dolore e dalla sofferenza, dolore che forse in apparenza non era nemmeno così palese a chi le era intorno. La sensazione è che la Plath fosse una donna, essenzialmente, sola. Nonostante la vicinanza di Ted, la sua unica compagna era la scrittura con cui aveva un rapporto altalenante. Erano anche i numerosi rifiuti delle sue poesia motivo stesso di depressione e abbattimento.
Nonostante questo Sylvia Plath ha sempre continuato a scrivere, poesie, racconti, saggi. Nelle pagine dei suoi diari ci sono bozze e appunti di diverse opere letterarie ed è grazie a questa sua volontà e voglia di migliorarsi continuamente, di continuare, nonostante tutto, che ci ha permesso di farci il più grande dono, quello della sua anima.
Gioia