Fuori dal nido dell’aquila di Shefit Troka

 
Editore: Bonfirraro Editore
Anno: 2018
Pagine: 126
Prezzo di vendita: 13.90€
Sinossi.
È la metafora di una grande rinascita, un campo di battaglia esistenziale dove sono sbocciati i fiori più belli in una delle pagine più drammatiche della recente storia europea, quando le poche miglia di mare che separano l’Albania dalla Puglia, di fatto invalicabili per almeno cinquant’anni, sono diventate in quel periodo il tratto più trafficato al mondo.
Di questo romanzo, di stampo neorealista con punte di intimistica poesia, Troka è sia protagonista che voce narrante, e procede per deja vù, sfalsando i piani temporali, mescolando ricordi che fanno ancora male ad attimi di spensieratezza. È così che costruisce un viaggio a ritroso, una narrazione in crescendo, espressa con sapiente lirismo e un equilibrato pathos, che si libra leggera sopra la ferita sanguinante che siamo, mostrandoci le nostre più sublimi e tragiche sfaccettature.
Un esordio intenso, esplosivo e travolgente che si rivolge al lettore, inducendolo a spremere la sua vita come un limone, fino a sentirne anche i retrogusti più aspri.
Recensione
La sofferenza, il dolore, la sensazione di non sentirsi mai veramente al sicuro, l’abbandono di tutto quello che sentiamo casa, delle certezze, degli affetti.
Ne Fuori dal nido dell’aquila Shefit Troka è protagonista e voce narrante di un mondo fatto di crudeltà, disperazione e paura; in cui il sentimento predominante è l’incertezza di tutto quello che ci circonda.
“Non saprei se chiamarla fortuna o guaio, ma il destino mi ha catapultato lungo le vie di questo paese con un nuovo nome sulla carta d’identità: clandestino.
Clandestino è una strana libertà. E’ come sentire addosso una inspiegabile colpa pur non avendo compiuto nessun errore. Forse il vero peccato che ti colpisce al cuore è il fatto di aver abbandonato l’infanzia, la casa dove sei nato e cresciuto, le risate, le lacrime di gioia e di dolore. Clandestino è vagare in uno spazio che non ti appartiene, presentandoti con una identità sconosciuta e sentirsi sconosciuto è come essere abbandonato. Una volta che la parola abbandono ti colpisce il cervello, cominciano i dubbi, le incertezze, la paura di non potercela fare. La disperazione invade d’improvviso il tuo cuore e ti chiedi: perché, perché, perché?
La cosa che fa più male è la mancanza di una risposta a quella domanda. Non sai se per colpa tua o degli altri ti trovi in una situazione tra la legalità e l’illegalità.
Senti addosso quella colpa, però, di non aver compiuto nessun errore. Nel lottare alla ricerca di una soluzione dovuta a quella colpa inspiegabile, per chi si trova nei panni di un clandestino, il battito del cuore viene disturbato in modo irregolare da una semplice domanda: la razza umana è il vero significato della violenza, o l’amore perduto nel nome della falsità? Forse per questo motivo la nostra vita è diventata un fiore senza colori.”
 
Sono queste le commoventi parole che il protagonista usa per descrivere il suo stato d’animo, la condizione di clandestino. Emozioni che toccano i sentimenti del lettore e che arrivano dritte al cuore.
Ad un primo sguardo la narrazione appare come una sequenza scombinata di momenti, di ricordi; in realtà è il racconto di un viaggio, soprattutto interiore, alla ricerca di un luogo da chiamare, ancora una volta, casa; una rinascita, un’amara liberazione.
Il protagonista è costretto a lasciare l’Albania per raggiungere l’Italia in cerca di salvezza, consapevole dei rischi che la vita lo costringerà ad affrontare, mettendo a dura prova la sua forza di volontà, in continuo confronto con il mondo che lo circonda ma soprattutto con se stesso.
“La parola morte ci invase i pensieri mentre sentivamo la chiacchierata tra i due commilitoni. Eravamo certi che da un momento all’altro la morte ci avrebbe portati via. Cadde il silenzio, si sentivano solo le onde del mare. E in silenzio decidemmo che c’era una sola cosa da fare: remare. Remare più veloce possibile, remare con tutte le forze, con ogni briciolo di energia. Con ogni respiro. Era una vera sfida contro la morte sicura. Eravamo convinti, tutti, che Lei ci stesse seguendo in silenzio, talmente convinti che, di volta in volta, si vedevano delle braccia che si alzavano con il classico movimento di un non vedente, nel tentativo di sfiorare il suo sudicio abito fatto di tenebra e lacrime e, quando stai per sfidare la morte, il silenzio, stranamente, emette un suono molto conosciuto per gli esseri viventi: il suono del battito del cuore.”
 
Un conflitto interiore che si riversa su una narrazione che alterna parole intense e dure a momenti di estrema delicatezza e poesia.
Un libro che in poche pagine riesce ad esprimere tutta la speranza che un giovane ripone nel proprio futuro, nella caparbietà con cui affronta una vita che non ha scelto.
Ringrazio l’autore, Shefit Troka, e la casa editrice, Bonfirraro Editore, per avermi dato l’opportunità di affrontare un tema attuale come è quello dei migranti, per avermi dato la speranza che ci sia ancora tanto coraggio nel mondo in cui viviamo.
Buona lettura!
Debora

Una risposta a “Fuori dal nido dell’aquila di Shefit Troka”

  1. Gentile Debora. Grazie mille per la recensione del mio libro. Auguro che un giorno gli esseri umani si rendono conto che veramente …"Clandestino è una strana libertà…" . E' una spinta per cambiare il nostro comportamento.Cordiali saluti.

I commenti sono chiusi.