Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda

Casa editrice: Baldini & Castoldi
Anno di pubblicazione: 2010
Pagine: 155
Non usare le droghe, non usare le armi, non rubare.
Sono queste le tre cose che la madre di Enaiatollah fa promettere al figlio prima di lasciarlo. Abbandonarlo per sempre, anche se “abbandonarlo” non è forse il termine più adatto. L’intenzione della donna è stata quella di cercare di offrire a suo figlio nuove opportunità. Una nuova vita visto che, continuando a stare con lei, molto probabilmente la sua l’avrebbe persa.
Nel mare ci sono i coccodrilli è il racconto dell’odissea vissuta da Enaiatollah Akbari che, a soli dieci anni, o giù di lì visto che in Afghanistan non esiste anagrafe, lascia la sua terra, le sue origini per intraprendere un terribile quanto difficile viaggio verso nuove speranze, in cerca di un futuro migliore.
Una scelta quasi naturale dopo la morte di suo padre, ucciso durante un viaggio di lavoro. Ena sarebbe dovuto essere il risarcimento per la perdita avuta da chi gli ha commissionato il lavoro ma, grazie al gesto estremo di sua madre, riuscirà a scamparla anche se sarà tutt’altro che facile.
Ed è lo stesso protagonista a raccontare, in prima persona, le vicende vissute. Fabio Geda si fa quasi da trascrittore e da intermediario tra protagonista e lettore, lasciando però ampio spazio alle parole di Ena, intervenendo con alcune riflessioni avute con il protagonista durante le interviste avute.
Intermediario ma non troppo perché proprio come afferma il ragazzo nel libro…

Se parli direttamente con le persone trasmetti un’emozione più intensa, anche se le parole sono incerte e la cadenza è diversa; in ogni caso, il messaggio che arriva assomiglia di più a quello che hai in testa, rispetto a quello che potrebbe ripetere un interprete – o no? – perché dalla bocca dell’interprete non escono emozioni, escono parole, e le parole sono solo un guscio.

Durante la lettura in più di qualche momento, ci si ritrova a chiedere se una persona abbia veramente potuto vivere tutto quello che ha vissuto il protagonista e tanti, tantissimi, troppi, insieme a lui.
Con Ena siamo agli inizi degli anni 2000, nel 2001, dopo l’attacco alle Torri Gemelle si inizia a sentir parlare di talebani, di fondamentalismo islamico, quindi è solo l’inizio di tutto quello che ne è conseguito e di cui continuiamo a leggere o ad ascoltare notizie quotidianamente. Ma un conto è parlare del fenomeno, della questione, delle polemiche e delle politiche a riguardo, tutt’altro è confrontarsi e soffermarsi su una persona, con un nome, una storia ed un passato.
Ena parte dall’Afghanistan, arriva in Iran, quindi in Turchia per poi sbarcare in Grecia ed alla fine in Italia. I suoi spostamenti non hanno niente a che vedere con la semplicità. Per sette anni ha convissuto con la paura di morire, di essere catturato, torturato, con l’incertezza costante sul suo futuro, con il terrore di essere rimpatriato da un momento all’altro ed iniziare tutto da capo, con la fatica, con il sudore e con la consapevolezza di non rivedere mai più la sua famiglia.
Quello che colpisce è la sua incredibile forza, la caparbietà nell’andare avanti nonostante le terribili situazioni in cui si è trovato a sopravvivere di volta in volta.
Ottimo. Almeno il tempo è una cosa certa.
No, Fabio. Di certo non c’è nulla.
Il tempo lo è, Enait. Scorre alla stessa velocità in ogni parte del mondo.
Dici? Sai, Fabio, non ne sarei così sicuro.
Nonostante Nel mare ci sono i coccodrilli sia un racconto emozionante e toccante, tra noi e la sua esperienza mantiene sempre un certo distacco. Anche l’autore stesso glielo fa notare, in più punti vorrebbe soffermarsi su alcuni particolari, sui dettagli che però per Ena non sono importanti. Quello che conta è quello che è accaduto, si fa da portavoce per tutti coloro che, non solo del suo popolo, fuggono dalle guerre interne, dai soprusi, dalle persecuzioni con la speranza di riuscire ad ottenere un nuovo futuro.
Nonostante siano molti quelli che poi non ce la fanno, Ena parte per quelle poche persone che ce l’hanno fatta, diventando egli stesso un esempio.

Eppure a me bastava che arrivassero buone notizie anche di uno solo. Mi bastava sentire: lui ce l’ha fatta, c’è riuscito, è arrivato in Turchia, in Grecia, a Londra, ed ecco che subito mi facevo prendere dal coraggio. Se ce l’ha fatta lui posso farcela anch’io, pensavo.

È impossibile rimanere impassibili davanti alle sue parole. E di questo modo di raccontare, andando dritto al sodo, ne risente anche la lettura, scorrevole, coinvolgente e trascinante. Sebbene sappiamo già quale sia la conclusione, siamo incollati alle pagine per scoprire come riuscirà Enaiatollah a superare tutti gli ostacoli che gli si porranno davanti.

Mi è venuta fame, ma non ho chiesto cibo. Mi è venuta sete, ma non ho chiesto acqua.

La storia di Ena non è una fra i tanti bensì una come tanti, ed è per questo che credo sia una di quelle che tutti dovremmo conoscere, in questo modo sicuramente riusciamo ad aprire le menti, oltre ai porti.

Come si fa a cambiare vita così, Enaiat? Una mattina. Un saluto.
Lo si fa e basta, Fabio.
Una volta ho letto che la scelta di emigrare nasce dal bisogno di respirare. È così. E la speranza di una vita migliore è più forte di qualunque sentimento. Mia madre, ad esempio, ha deciso che sapermi in pericolo lontano da lei, ma in viaggio verso un futuro differente, era meglio che sapermi in pericolo vicino a le, ma nel fango della paura di sempre.

Gioia