La donna in bianco di Wilkie Collins

 
Titolo originale: The Woman in White
Anno: 1860
Edizione: Newton Compton editori (2015)Traduzione: Fedora Dei
Pagine: 507
Prezzo: 4,90€
 
 
Sinossi. Pubblicato a puntate nel 1859-1860 sulla rivista “All the Year Round” diretta da Charles Dickens, La donna in bianco di Wilkie Collins suscitò grande entusiasmo e ammirazione nel pubblico, aprendo la strada a quella narrativa del mistero che in Inghilterra trovò le sue espressioni più ricche e significative.
Incentrato sulla somiglianza e lo scambio di persona tra due affascinanti donne – la sventurata Anne Catherick, vestita sempre di bianco, e la bionda e ricca Laura – La donna in bianco ebbe analogo successo sia in America sia nel resto d’Europa. Henry James scriverà del libro e dell’autore: “Ha introdotto nel romanzo i più misteriosi dei misteri, i misteri che sono fuori dalla porta di casa nostra”.

 

RECENSIONE

Recensire questo romanzo non è semplice, come non lo è stato leggerlo. La trama mi aveva subito colpito e le opinioni lette in giro mi hanno spinto a leggerlo, con questo non voglio dire che il libro non mi sia piaciuto ma ci sono alcune caratteristiche che mi hanno fatto storcere il naso.

 
Sulla trama c’è poco da dire. O meglio, l’intreccio degli avvenimenti è così ben strutturato che ogni informazione può togliere il gusto della lettura. Mi limiterò quindi a dire che tra i personaggi principali ci sono due sorelle da parte di madre: Laura, bellissima e ricchissima ereditiera e Marian, al contrario della sorella, povera e non bella fisicamente. Le differenze sociali e fisiche però, non sono motivo di divisione, le due ragazze sono infatti molto legate. Nella loro vita entra a far parte Walter Hartright, un insegnante di disegno. Tra quest’ultimo e Laura nasce un sentimento che deve però essere messo a tacere dato che Laura è già promessa sposa a Sir Percival. Ma il vero protagonista del romanzo è il mistero, rappresentato in primo luogo da Anne Catherick, vestita sempre di bianco con un’impressionante somiglianza fisica con Laura. Ed è proprio questa somiglianza fisica che sarà la causa di un gran piano organizzato da Sir Percival e il suo amico, il conte Fosco.
 
La narrazione è a più voci. Gli unici due personaggi che non “prendono la parola” sono Laura e Sir Percival. Tutti gli altri personaggi principali e secondari hanno la loro parte nel raccontarci gli avvenimenti. Ed è proprio attraverso le loro stesse parole e i fatti che vivono in prima persona, che riusciamo a conoscere i personaggi. L’abilità di Collins sta in questo. E’ come se l’autore cambiasse modo di scrivere per ogni personaggio che parla, sentiamo quasi le voci dei protagonisti, le loro pause, i silenzi, le gioie e le paure. In questo modo le personalità si fanno ben delineate. Marian ad esempio si sofferma sulle sue emozioni, le sue insicurezze, Hartright invece è essenziale, va dritto al punto.
 


Marian è sicuramente il personaggio che ha creato più empatia in me. All’inizio ci viene descritta come una brutta persona, fuori quasi come dentro. Alla fine del romanzo quasi ci dimentichiamo di questa descrizione. Pagina dopo pagina scopriamo la sua forza, il suo coraggio, la sua tenacia, il senso di giustizia e il grande amore che prova nei confronti di sua sorella Laura che, in confronto a lei, risulta poco più che appena rilevante. E’ questo uno dei punti negativi del libro. Bene o male tutti i personaggi hanno un loro carattere. Se con Laura, lo scopo di Collins, era quello di creare una bella statuina c’è riuscito in pieno. Il suo personaggio, seppure in qualche modo principale dato che le vicende che accadono la riguardano direttamente, rimane marginale. Tranne sorrisi, pianti e svenimenti c’è poco di Laura come personaggio. Mi sono chiesta infatti come un uomo dalla forte personalità come Hartright possa essersi innamorato di una come lei, invece di Marian. Considerazioni personali apparte, parlando di Hartright, appunto, si arriva al secondo grande personaggio, molto simile a Marian. Tra i due nasce infatti una grande amicizia (vuoi vedere che anche nell’800 esisteva già la regola dell’amico…ok, la smetto). Se la personalità di Marian è quella che ho apprezzato di più, Hartright mi ha fatto apprezzare il romanzo per le sue parti scritte. Si, è vero che la penna è una, quella di Collins. Ma proprio per quello che ho accennato prima, lo stile e quindi il carattere di Hartright è quello che va dritto al punto, senza tanti fronzoli come può essere quello di Marian.
Arriviamo quindi alla terza grande personalità: il conte Fosco. Dire che è malvagio non si esagera, viscido è un eufemismo e geniale è dire poco! Se qualcuno pensa di fregare Fosco, è spacciato! Il conte sta un pezzo avanti a tutti! Anche se la sua scaltrezza sarà messa alla prova dall’imprevedibilità della vita.
E poi c’è la misteriosa figura di Anna Catherick, la donna in bianco, è reale? Un fantasma? Questo è proprio uno dei tanti misteri che dovrà essere svelato all’interno del romanzo. Proprio quest’aura di misteri, di segreti e fatti tenuti nascosti che spinge il lettore a continuare a leggere il romanzo per scoprire le verità che riguardano i personaggi.

 

Ma allora cos’è che non mi è piaciuto?
Lo stile di scrittura. Troppo ricco di dettagli e decisamente troppo lungo. In alcuni casi, soprattutto per quanto riguarda le parti di Marian, il tutto risulta ripetitivo e quindi noioso. Con un centinaio di pagine in meno sarebbe risultato perfetto!
La storia mi ha comunque incuriosito e la voglia di scoprire i vari sviluppo mi ha fatto continuare la lettura che non rimpiango affatto di aver portato a termine!
Se amate i classici e i romanzi gialli non potete perdervi La donna in bianco!

 
Gioia