Come già accennato in qualche post precedente, ho fatto fatica ad entrare nel vivo della narrazione. Questo è sì dovuto a motivi personali, il periodo in cui ho letto il libro è stato ricco di impegni, ma anche e soprattutto a causa dello stile dell’autore. I periodi sono lunghi, ricchi di subordinate e si intrecciano diversi argomenti. Ci si ritrova, quindi, a dover rileggere più volte la stessa frase per non perdere il filo del discorso. Nonostante questa premessa, non ho abbandonato il libro. Ho voluto dar retta a tutti coloro che considerano “Il giardino dei Finzi-Contini” un capolavoro della letteratura italiana. A lettura terminata non ho potuto che essere d’accordo.
La prima curiosità che diventa particolarità del romanzo è che il protagonista non ha un nome. Per questo si tende quasi a dare per scontato che il personaggio principale, nonché narratore delle vicende, sia lo stesso autore.
Il romanzo inizia con la visita, da parte del protagonista/narratore alle tombe etrusche di Cerveteri. I suoi pensieri corrono subito al cimitero della sua città, Ferrara, alla tomba del suo amico Alberto Finzi-Contini, l’unico che è potuto essere sepolto nella tomba di famiglia. La sorte della famiglia Finzi-Contini è stata tragica, le leggi razziali non hanno risparmiato anche questa famiglia di origini ebree.
I Finzi Contini ci vengono presentati come una famiglia ricca, formata dal capo famiglia, il professore Ermanno, Olga, sua moglie e i suoi figli Alberto e Micòl.
Inizialmente il protagonista riesce a conoscere la famiglia solo da lontano, nelle occasioni richieste dalla società, nella sinagoga. Sebbene siano coetanei infatti, Alberto e Micòl non frequentano la scuola pubblica a causa dell’alto senso di protezione da parte dei loro genitori, in particolar modo della signora Olga, ossessionata dai microbi.
Il primo vero e proprio incontro tra il protagonista e Micòl avviene nel 1929, quando il protagonista, poco più che bambino, viene rimandato in matematica, non lo accetta e si rifugia vicino alle mura della villa dei Finzi Contini. Micòl si arrampica, lo vede e lo invita a raggiungerla al di là del muro. Questo dà il via alla lunga relazione tra il narratore e la famiglia Finzi-Contini, relazione che si intensifica una decina di anni dopo il primo incontro tra i due ragazzi.
Nel 1938 vengono applicate le leggi razziali e il protagonista è costretto ad abbandonare il club di tennis che era solito frequentare. Micòl e Alberto lo invitano a giocare nel campo da tennis della loro villa, insieme ad altri ragazzi, per lo più ebrei.
La presenza del protagonista nella villa diventa stabile e il rapporto con i due ragazzi Finzi Contini sempre più intenso. Con Alberto nasce un forte legame di amicizia, mentre i sentimenti che prova verso Micòl sono decisamente diversi.
Il romanzo si basa essenzialmente sui sentimenti e sulle sensazioni del protagonista. Gran parte dei suoi pensieri sono rivolti a Micòl. Fin dal loro primo incontro viene subito colpito dalla ragazza. Le descrizioni che la riguardano sono estremamente dettagliate e la conosciamo attraverso i suoi occhi. Il protagonista impara a conoscerla grazie alle numerose passeggiate all’interno del giardino della villa, con la scusa delle partite a tennis i due trovano sempre il modo di stare da soli e parlare di loro, del loro futuro. La paura di un rifiuto, il suo allontanamento da Ferrara e complice anche la timidezza, non gli permetteranno di trovare il coraggio di dichiararsi apertamente. Ma quando Micòl lo intuisce lo rifiuta, e cerca di diradare i loro incontri.
Sebbene siano gli anni poco prima della seconda guerra mondiale, sono pochi gli avvenimenti raccontati strettamente inerenti alla guerra: giusto qualche episodio e i dialoghi politici tra il protagonista e il padre. Tutto il resto è come se rimanesse fuori da quelle mura, come se non li riguardasse. I ragazzi continuano a vivere le loro vite, a prendere decisioni sul loro futuro a proteggerli c’è il muro del giardino dei Finzi-Contini, creando un piccolo paradiso, in cui i ragazzi possono essere spensierati, possono giocare, discutere. Ma allo stesso tempo è anche la loro prigione, confinati all’interno della villa, è solo lì che possono essere davvero se stessi.
Ma la violenza della guerra raggiungerà anche loro, fino al tragico epilogo.
Un altro aspetto a sfavore del libro sono i personaggi secondari. Del protagonista sappiamo che l’origine della sua famiglia è ben diversa rispetto a quella dei Finzi-Contini, il suo modo di raccontare, le emozioni, i suoi sentimenti rendono la sua figura molto più empatica rispetto a Micòl e Alberto che. purtroppo, risultano un po’ troppo altezzosi.
Il Giardino dei Finzi-Contini è un libro malinconico, nostalgico. Un libro fatto di ricordi. La guerra, la malvagità della vita può toglierci tutto ma la nostra memoria, nonostante tutto, rimarrà per sempre con noi.
L’autore.
Giorgio Bassani trascorse l’infanzia e l’adolescenza a Ferrara, che resterà per sempre nel suo cuore e diventerà teatro delle sue creazioni letterarie. Partecipò alla Resistenza e, dopo la guerra, si dedicò<
alla vita culturale come narratore e poeta, ma anche direttore editoriale della casa editrice Feltrinelli e vicedirettore della Rai. Fra le sue opere, in caso di ripubblicazione nell’Universale Economica Feltrinelli, lo straordinario ciclo Il romanzo di Ferrara (che raggiunse la sua forma definitiva nel 1980 e comprende, oltre a Il giardino dei Finzi-Contini, Gli occhiali d’oro, Cinque storie ferraresi. Dentro le mura, dietro la porta, L’airone e L’odore del fieno) e le raccolte poetiche Storie di poveri amanti e altri versi (1946) e L’alba ai vetri (1963).